Tempi difficili. Guerre, conflitti e crisi nello scenario internazionale

Ciclo di webinar

Tempi difficili. Guerre, conflitti e crisi nello scenario internazionale

23 febbraio – 11 maggio 2023

 

 

 

PROGRAMMA

 

23 febbraio – ore 17.00/18.00

Di nuovo la guerra in Europa: origini e conseguenze dell’invasione russa in Ucraina

Introduzione: Nino Galetti (Fondazione Konrad Adenauer, Roma)

Moderatore: Massimo Bucarelli (Università la Sapienza, Roma)

Relatori: Silvio Pons (Scuola Normale Superiore, Pisa) e Vasyl Mykhailyshyn (Rappresentanza della Konrad Adenauer-Stiftung in Ucraina, Charkiw)

Per partecipare è necessario registrarsi al seguente link.

Dopo la registrazione verrà inviata una mail con le informazioni necessarie per partecipare al seminario

 

23 marzo – ore 17/18

Il governo Meloni: populismo al potere o un esecutivo come un altro?

Introduzione: Nino Galetti (Fondazione Konrad Adenauer, Roma)

Moderatore: Michele Marchi (Università di Bologna)

Relatori: Simona Colarizi (La Sapienza, Roma) e Michael Feth (Corrispondente Rai News 24).

Il link per registrarsi al webinar:
https://kas-de.zoom.us/webinar/register/WN_Mfah6QK0QbGK8RUsSje0ww

 

20 aprile – ore 17.00/18.00

I capelli al vento: le donne iraniane e la lotta per la libertà

Introduzione: Nino Galetti (Fondazione Konrad Adenauer, Roma)

Moderatore: Daniele Caviglia (Università Kore, Enna)

Relatori: Riccardo Redaelli (Università Cattolica, Milano) e Düzen Tekkal (attivista e scrittrice)

 

11 maggio – ore 17.00/18.00 (in inglese)

Hard Times: Brexit and Turmoil in British Democracy

Introduzione: Nino Galetti (Fondazione Konrad Adenauer, Roma)

Moderatore: Daniele Pasquinucci (Università di Siena)

Relatori: Mark Gilbert (Johns Hopkins University, SAIS, Bologna)

 

 

Approfondimenti tematici

Il 27 giugno del 2016, pochi giorni dopo il referendum che sanciva l’uscita della Gran Bretagna dall’Unione europea, i ministri degli Esteri della Repubblica federale tedesca e della Francia, Frank-Walter Steinmeier e Jean-Marc Ayrault, rilasciavano una dichiarazione comune nella quale sottolineavano come l’umanità stesse vivendo in “a world of uncertainties”. Vi erano buone ragioni per essere preoccupati. Negli anni e nei mesi immediatamente precedenti si erano registrati gli esiti deludenti (talora rovinosi) delle primavere arabe scoppiate nel 2010-11; l’annessione illegale, all’inizio del 2014, della Crimea da parte della Russia e poi, nel giugno, la proclamazione del califfato in Siria e in Iraq (lo “Stato islamico”); l’acuirsi durante il 2015 della crisi migratoria in Europa e – in quello stesso anno – la serie di attentati terroristici compiuti in Francia e poi in altri Stati dell’Unione europea. Poco dopo la dichiarazione di Steinmeier e Ayrault, l’elezione di Donald Trump alla presidenza degli Stati Uniti avrebbe reso instabile (persino imprevedibile) il comportamento del principale perno del sistema internazionale.

Dal 2016, le cose non sono affatto migliorate. Al contrario, guerre, conflitti e crisi segnano i tempi che viviamo. Nel febbraio del 2022, il cupo rumore dei cannoni è tornato a risuonare in Europa. L’invasione russa dell’Ucraina non è, evidentemente, un fatto regionale, giacché mette a rischio la stabilità dell’intero sistema internazionale e rappresenta potenzialmente un primo passo verso una guerra ancora più estesa. La possibile escalation rimanda alla contrapposizione tra liberaldemocrazie e regimi autoritari. Connaturata a questi ultimi è la tendenza a proiettare all’esterno le tensioni che essi generano sul piano interno cancellando i diritti e le libertà. È il caso della teocrazia di Teheran. La rivolta contro il regime degli ayatollah avviata dalle coraggiose donne iraniane solleva temi complessi quali il rapporto tra potere e corpo femminile, il controllo del clero sciita su tutti gli aspetti della vita, l’anelito insopprimibile alla libertà. Ma pone anche la questione di un regime che reagisce al significato delegittimante della ribellione interna con un atteggiamento sempre più aggressivo sul piano internazionale – come mostra il sostegno che esso dà allo sforzo bellico russo. È un riflesso tipico dei regimi autoritari; ci si può chiedere quanto sia compatibile, in un contesto globale sempre più conflittuale, con i valori e gli obiettivi delle liberaldemocrazie. E qui veniamo a un ultimo punto, che rende ancora più complessa la situazione: lo stato di salute delle liberaldemocrazie. In tempi recenti, esse hanno subito l’attacco dei populismi. La conclusione dell’esperienza trumpiana, o la sconfitta di Jair Messias Bolsonaro in Brasile, non hanno affatto sancito la fine di quel fenomeno. La sua onda lunga si manifesta nelle crisi che continua a produrre. Ne è esempio, tra gli altri, il malessere che sta vivendo la democrazia britannica, conseguenza diretta della “rivolta populista” concretizzatasi nelle fortune di Nigel Farage e nella Brexit.